In principio c'era il vinile....
Riflessioni, spunti e quant'altro sulle modalità di fruizione della musica.
mercoledì 17 ottobre 2018
mercoledì 10 ottobre 2018
Apocalissi musico-virtuali? (Reprise)
Non so se le vendite dei CD siano in ripresa o
meno rispetto ai downloads (dalle ultime nuove sembrerebbe di si, unitamente ai
vinile), ma più spesso il gradimento (e quindi le classifiche) verso un
cantante od un gruppo si misura tramite i click sui video di youtube o, se va
bene, sugli ascolti dei relativi mp3 venduti più o meno sulle grandi
piattaforme. Oramai i ritmi assurdi, stereotipati e ripetitivi, del nostro
vivere quotidiano non ci permettono più di concederci quei bei momenti (...il
positivo otium romano) per preparare il tuo stereo hi-fi (azz...anche questo
termine è oramai in disuso - sfido i nostri giovani a capire di che si tratta -
sostituito dal più celeberrimo "wi-fi"), mettere il CD (...o il
redivivo vinile) nel lettore (...sul piatto - ...per l'insalata, eh eh eh),
sedersi comodamente (sulla sedia, in poltrona, su un tappeto persiano), magari
nella penombra allontanando ogni rumore del mondo esterno e pensiero dalla
nostra mente e.....ascoltare per intero almeno uno o più brani se non tutto il
disco completo (almeno la facciata la si ascoltava sempre tutta, vista la
scomodità dell’individuazione dell’inizio traccia tra il garbuglio dei solchi).
Rituali oramai del passato che abbiamo aborrito, come quelli tribali che
accompagnavano gli adolescenti nel passaggio all'età adulta sotto la guida
vigile dello shamano o del capo-villaggio surrogati oggi da assurde pratiche
autolesioniste.
E' lo stesso azzeccato paragone della lettura su carta contro
quella a video o della scrittura con la digitazione di cui è comprovata
l'importanza per lo sviluppo cognitivo del bambino, ma anche gli adulti, ad
es., memorizzano ed interpretano meglio leggendo un testo scritto che non uno
digitale, sviluppando un più articolato senso critico.
Qualcuno potrebbe
obbiettare che sin dalla prima rivoluzione industriale la funzione dei pollici
opponibili, che tanta importanza ha avuto per l'evoluzione umana, è venuta
meno, ma poi sta a capire il tipo di mondo che vogliamo per noi e per le
generazioni successive. Stando così le cose il rischio che tutto venga meno
vuoi a causa dei cambiamenti climatici piuttosto che per un conflitto
termonucleare è alto, a meno che la tecnologia, causa di tanti dissesti, non
trovi la soluzione ai nostri mali (vedi ad es. oggi le energie rinnovabili
oppure gli ancora fantascientifici nuovi sistemi di propulsione che
permetterebbero all'uomo di proseguire nella ricerca di sconosciuti pianeti
compatibili con la vita, magari partendo da una base "lunare").
Luciano
lunedì 8 ottobre 2018
Toh: e se il futuro fosse (anche) il vinile?
Pochi giorni fa ho ascoltato (casualmente) una interessante trasmissione alla radio sul tema (oceanico!) del Blog con addetti ai lavori (tecnologia, produzione musicale), seri e competenti a fare il punto della situazione sugli scenari attuali e futuri; confermavano che il vinile è in netto e costante rialzo (fa da specchio il mercato USA). pur restando settore di nicchia, ma il mercato(ne) industriale se ne è accorto eccome, tanto che, sottolineavano, anche la Technics ha ripreso a produrre giradischi di qualità (assai cari ma finalmente disponibili).
Insomma, dato per morto dai soliti turiferari del futurismo digitale è vivo eccome: certo, non per tutti i generi: pare (e non ci sorprende affatto) che il vinile sia legato alla buona musica (toh!), il rock (nella sua più vasta accezione, mentre lo streaming e il digitale (chiarivano in trasmissione) è tipico del pop e simile roba commerciale (ri-toh!).
Già...già... il buon rock, i cui fruitori (noi!) non si accontentano della musica volatile e de-materializzata, ma vogliono avere oggetti fisici da poter toccare, odorare, conservare, anche come segni di dedizione e attaccamento (riconoscenza? perché no...) verso i propri artisti, oggetti (e non "cose" mercificate) da mostrare agli amici, da conservare (anche) come pezzi della propria storia (per non dire del vasto mondo del collezionismo). Il suono dei vinili, proseguono gli esperti, piaccia o no, è sempre comunque di minore qualità (mi pare non abbiano usato parola ma il senso era questo e si deduceva un certo imbarazzo verso gli amanti del disco) rispetto ai file digitali (CD compresi, dove viene riversata la registrazione) in quanto il complesso processo di riversamento su vinile (trasferimento, caratteristiche della testina ecc. ecc.) comporta inevitabilmente una qualche perdita. O forse, meglio, chiarivano, "è un suono diverso" e comunque l'uscita phono dell'amplificatore richiede molta più potenza rispetto al digitale.
E quindi? Sono sempre più convinto che la fruizione legata all'oggetto-supporto fisico, mode a parte, NON si perderà, a meno che Homo Sapiens non si trasformi in Homo Cyborg (mai dire mai...). E poi, altra info molto importante (e per il sottoscritto non affatto scontata) a fini del mercato futuribile: pare pure che anche nel mondo pop il vinile stia riprendendo quota (ma la cosa francamente potrebbe interessarmi meno di zero, ovvero la quota pari al mio interesse per il pop). E i (nostri amati) CD?
Quando ho sentito accennare a questo sono balzato sulla sedia, iniziando a .. tremare per il possibile avverarsi del mio incubo. Secondo gli esperti la produzione ad oggi è ancora imponente (... del futur non c'è certezza!) ma probabilmente sarebbe una sorta di via di mezzo con il vinile, ovvero conserverebbe la funzione di nicchia (per "noi" quindi) con relativa produzione specialistica tipo box, cofanetti ecc. ecc. ma non hanno certo parlato di museo, tanto meno di cimiteri, né di impossibilità di poterli ascoltare. Ad oggi sembrerebbe che l'incubo della damnatio memoriae sia solo il sinistro augurio dei profeti dell'ultra-futurismo musicale (e non solo) a tutti i costi (e che costi!) che evidentemente poco o nulla tengono alla (buona) musica, a chi la fa e a chi la fruisce, dimenticando che (la musica, quella "buona") non è solo consumo di massa ma fenomeno culturale legato a bisogni, passioni, emozioni e processi identitari, individuali e sociali, che non si esauriscono con un clic, un selfie o un like...
Mauro Pini
Insomma, dato per morto dai soliti turiferari del futurismo digitale è vivo eccome: certo, non per tutti i generi: pare (e non ci sorprende affatto) che il vinile sia legato alla buona musica (toh!), il rock (nella sua più vasta accezione, mentre lo streaming e il digitale (chiarivano in trasmissione) è tipico del pop e simile roba commerciale (ri-toh!).
Già...già... il buon rock, i cui fruitori (noi!) non si accontentano della musica volatile e de-materializzata, ma vogliono avere oggetti fisici da poter toccare, odorare, conservare, anche come segni di dedizione e attaccamento (riconoscenza? perché no...) verso i propri artisti, oggetti (e non "cose" mercificate) da mostrare agli amici, da conservare (anche) come pezzi della propria storia (per non dire del vasto mondo del collezionismo). Il suono dei vinili, proseguono gli esperti, piaccia o no, è sempre comunque di minore qualità (mi pare non abbiano usato parola ma il senso era questo e si deduceva un certo imbarazzo verso gli amanti del disco) rispetto ai file digitali (CD compresi, dove viene riversata la registrazione) in quanto il complesso processo di riversamento su vinile (trasferimento, caratteristiche della testina ecc. ecc.) comporta inevitabilmente una qualche perdita. O forse, meglio, chiarivano, "è un suono diverso" e comunque l'uscita phono dell'amplificatore richiede molta più potenza rispetto al digitale.
E quindi? Sono sempre più convinto che la fruizione legata all'oggetto-supporto fisico, mode a parte, NON si perderà, a meno che Homo Sapiens non si trasformi in Homo Cyborg (mai dire mai...). E poi, altra info molto importante (e per il sottoscritto non affatto scontata) a fini del mercato futuribile: pare pure che anche nel mondo pop il vinile stia riprendendo quota (ma la cosa francamente potrebbe interessarmi meno di zero, ovvero la quota pari al mio interesse per il pop). E i (nostri amati) CD?
Quando ho sentito accennare a questo sono balzato sulla sedia, iniziando a .. tremare per il possibile avverarsi del mio incubo. Secondo gli esperti la produzione ad oggi è ancora imponente (... del futur non c'è certezza!) ma probabilmente sarebbe una sorta di via di mezzo con il vinile, ovvero conserverebbe la funzione di nicchia (per "noi" quindi) con relativa produzione specialistica tipo box, cofanetti ecc. ecc. ma non hanno certo parlato di museo, tanto meno di cimiteri, né di impossibilità di poterli ascoltare. Ad oggi sembrerebbe che l'incubo della damnatio memoriae sia solo il sinistro augurio dei profeti dell'ultra-futurismo musicale (e non solo) a tutti i costi (e che costi!) che evidentemente poco o nulla tengono alla (buona) musica, a chi la fa e a chi la fruisce, dimenticando che (la musica, quella "buona") non è solo consumo di massa ma fenomeno culturale legato a bisogni, passioni, emozioni e processi identitari, individuali e sociali, che non si esauriscono con un clic, un selfie o un like...
Mauro Pini
martedì 25 settembre 2018
Apocalissi musico-virtuali?
Con tutta comodità, Loris, avrei un grande piacere e
interesse culturale, musicale a sapere la tua su una vexata questio che mi ha contributo a rendere ancora più
superficiale il mio già scarso e leggero sonno, ossia sulla profezia degli
ipermodernisti digitali, fautori del nuovo che avanza a tutti i costi (come se
nuovo coincidesse con bello, buono e valido, forma mentis che mi richiama l'approccio
yuppie ottantiano): i ritmi travolgenti dello sviluppo tecnologico avrebbero
condannato a morte i tradizionali supporti musicali, il vinile (anche se in
retta ripresa e non da ora...) e in particolare i CD-DVD. A sentire i turiferari
del futurismo musicale informatizzato pare che siamo tutti destinati a buttare
nella spazzatura decenni e decenni di collezioni, spese, emozioni, storie,
ricordi e chi più ne ha più ne metta (a meno di non salvarli tutti nel pc in
formato mp3):ma siamo impazziti? scenari da incubo, da catastrofe, uno dei miei
peggiori incubi... vedere distrutti tutti miei CD-DVD-vinili. Si sa, l'impermanenza
regna sovrana in questa valle di lacrime e guai attaccarsi alle cose che
inevitabilmente dovremo lasciare, ma come far finta che queste "cose"
contengono i nostri ricordi e memorie emotive? Tutto ciò è "umano, troppo
umano" direbbe il noto filosofo vissuto nell'Ottocento, dissacratore di
miti e certezze, annunciatore della "morte di Dio"
Non mi stupisce che si faccia sempre più fatica a trovare
lettori e dvd in commercio (ma siamo poi così sicuri?) e magari costeranno
sempre di più o non ci saranno per impianti hifi (anch'essi destinati alle
disfatture?) ma solo per pc, ma davvero con le nostre migliaia di CD potremmo
giocarci solo a frisby nelle spiagge
(e neanche perché mi sa che è vietato anche quello!). E allora, mi chiedo e
chiederei a questi profeti del postmodernismo digitale, perché si continua a
produrre CD con ritmi industriali come nulla fosse (c'è pure il vinile, tornato
alla grande quando pareva anch'esso destinato al cimitero). La logica dei
mercati non si impietosirebbe di fronte alle nostre grida di dolore o ai nostri
ricordi andati in fumo (una forma moderna di damnatio memoriae) ma oso pensare che una qualche soluzione, anche
di fronte allo scenario peggiore verrà trovata. Non mi pare, o meglio mi
auguro, che valga (come un amico mi ha detto) il paragone coi VHS: vuoi mettere
la quantità di produzione dei CD-DVD con quella delle videocassette?). Noi
progster di origine settantiana (e non solo!) non ci rassegneremo mai a sentire
la nostra musica in mp3 magari
accatastando migliaia di file tutti uguali da sentire con lo smartphone,
ovviamente nn più di pochi secondi ciascuno per non essere colti dalla noia,
presi dall'ansia del nuovo (sic!). Simili condanne capitali vennero proferite anche
per il vinile (vedi sopra), il libro e i giornali. Beh, se così fosse mi fa
proprio piacere sapere di appartenere a una razza in estinzione (riprendendo il
grande Giorgio Gaber), e penserei come poter su Marte tutti i miei CD e vinili ...
Scenari tecno-apocalittici dunque: ammesso siano tali, come si può salire in
tempo, con i nostri bagagli musicali a seguito, sull'Arca di Noè?
Settembre 2018: lettera di un piccolo produttore discografico ad un amico fruitore di dischi, amareggiato e disorientato (...quasi spaventato)
Da Loris Furlan (Lizard Records)
a Mauro Pini (Aurora Lunare)
Caro buon Mauro, ti rispondo di slancio, emotivamente.
La questione del supporto musicale, discografico, (ora anche chiavettistico?)
ovviamente mi coinvolge alla grande, ma non certo per ragioni economiche,
certamente affettive, appassionate, che sappiamo essere in fondo il vero
sostentamento esistenziale.
Il problema è chiaramente culturale ed
epocale, nel senso che la giovane generazione già indotta al consumo compulsivo
e irrazionale (perchè sappiamo che il capitalismo/liberismo vuole dapprima
formare dei consumatori) è già in quel presente che non considera più il
supporto discografico, certamente non il CD, ma solo marginalmente il vinile,
forse per rigetto, forse nell'ottica di quello stesso consumo, un pò per
sentirsi alternativi, fuori dal gregge.
Di questo sono consapevole da tempo, ma non
me ne sono mai preoccupato, cosciente della presenza di due mondi che non si
amano: da una parte c'è l'onda irrefrenabile, a suo modo assolutistica, del
mercato, che si nutre solo di obiettivi economici, e che non ha certo freni nel
triturare una nuova generazione (e oltre), inesorabilmente assuefatta alle sue
dinamiche "innovative-tecnologiche" (quel nuovo irrefrenabile, che
non si può e non si deve fermare), e non c'è modo di rimanerne fuori (avessi
oggi vent'anni mi troverei parecchio a disagio, ma ne sarei coinvolto),
dall'altra c'è ancora una nicchia che non potrà fare a meno dei propri amori,
incluse le proprie collezioni di dischi, che non butterà nella spazzatura (al
più svenderà ciò che è meno interressante per far posto in casa).
Quella nicchia sta sopravvivendo. Con noi,
vecchietti? Sì, soprattutto, ma un pò (pur poco e marginale, nei casi migliori)
di transizione generazionale ci sarà. Mi rincuora vedere mio figlio, a 20 anni,
desiderare ancora i dischi, cd e lp, dei suoi eroi, certo non onnivoro e di
perenne curiosità e ricerca come noi, ma già non è poco.
E dopo di noi? Mi sovviene di intonare
quella vecchia canzone di Guccini "...ma noi non ci saremo", ed
egoisticamente lasciare serenamente ai posteri i propri deserti culturali. Ma
certamente me ne spiace, e ancora vorrei auspicare degli anticorpi, qualche
piccola residua sacca di resistenza, e in fondo è quel che sta avvenendo già
oggi con cd autoprodotti, piccole etichette indipendenti (certo, anche la
Lizard), demo, vinili carbonari. Auspico un bisogno di oggettiva
tangibilità/fisicità. Auspico che qualche individuo, pur in risicata minoranza,
decida di dissentire dall'onda devastatrice di cui sopra (che vuole decidere
per lui, per le sue scelte, le passioni, il tempo della propria vita, i pensieri....ah
il caro buon Gaber che negli anni 70 recitava "...i gusti sono la vera
sostanza ideologica...").
Del resto i numeri sono sempre più irrisori
e ci danno torto. EPPURE in questa piccola reazione anomala, chiamiamola ancora
umanità, la Lizard e tanti altri continuano a sopravvivere, magari ognuno in
piccolissimi scompartimenti, ma anche questo non è poco.
Tranquillo caro Mauro, sono certo che tu
non butterai mai i tuoi dischi, nè lo farò io e tanti altri.
Certo, quando noi non ci saremo, l'onda devastatrice
potrebbe aver compiuto la sua opera sostanzialmente definitiva, la sua tabula
rasa dei cervelli (o meglio la loro programmazione). E mi vengono le lacrime
nel pensare a quel vecchio veneziano appassionato di musica classica che, una
volta morto, si è "visto" svendere dal figlio tutta la sua
meravigliosa collezione di dischi ad un rigattiere, per quattro soldi. Senza
amore, non per la musica (quella il figlio non l'ha avuta mai) ma per il padre.
Mi auguro che non sarà così anche per i
miei figli (senza pretendere che tengano tutto il magazzino Lizard), ma mi
auguro pure, non così velleitariamente, che le piccole realtà carbonare (e
davvero ce ne sono tante) sopravvivano al tempo, anche all'onda devastatrice,
spernacchiandola con una risata ancora sentimentalmente anarchica.
Ci sono due mondi: uno, che è massa e
dunque grande autostrada delle ovvietà, che non si pone domande e assorbe tutto
quello che gli viene propinato, avvelenato di desideri e bisogni indotti, di
domeniche passate al centro commerciale, e uno che ama ancora il silenzio
("...se ci fosse più silenzio potremmo capire qualcosa di più",
Fellini da La Voce della Luna), che non si fida dell'aria viziata che sta
respirando, che ama cercare delle risposte in profondità, che ama ciò che è vero
e sa ancora distinguerlo da ciò che è artefatto, che ama ascoltare ed
emozionarsi con un album di musica (vera) appoggiato sul piatto o in un lettore
cd, adornando la propria casa (anche) di dischi.
Noi stiamo dalla seconda parte, siamo pochi
ma non soli...
Loris Furlan
giovedì 20 settembre 2018
I dissolutori di vinili e l’oggetto transazionale
Vagavo
tra le strade di una città che sembrava deserta. Soltanto una nuvoletta
dall’odore acre fuoriusciva dalle abitazioni alla mia destra.Un
urlo, improvvisamente, ruppe il silenzio che avvolgeva quella strana situazione.
Mi voltai e vidi, in fondo alla via, un essere umano. Cambiai direzione e andai
verso quella persona che si lamentava con vigore. Era un uomo scarsocrinito di
mezz’età, accovacciato sul selciato davanti a casa con le mani che cingevano il
capo.“Tutti
me li hanno dissolti- disse con la disperazione di chi aveva perso qualcosa
d’importante - non me ne hanno lasciato neppure uno!!”. Chiesi cosa gli fosse successo. “Anche Dedicato a… de Le
Stelle di Mario Schifano mi hanno nebulizzato, come faccio ora che non
ho più un disco?” ripeté due volte con tono crescente di angosciante rabbia.
Da tempo avevo sviluppato la capacità di arrivare nei meandri più profondi dell’animo umano, per cui mi sedetti accanto a lui chiedendo spiegazioni. Gli dissi, per giustificare la mia ignoranza e farlo sentire importante, che provenivo da terre lontane e che questa era la mia prima visita alla città. “Ma da voi non sono ancora arrivati i dissolutori?” mi chiese l’uomo con un sospiro di speranza. “Dissolutori? Ma chi sono?”, risposi con garbata meraviglia. “Se non comprendi cosa stia accadendo, devo raccontarti come siamo arrivati a questa situazione intollerabile”.
Da tempo avevo sviluppato la capacità di arrivare nei meandri più profondi dell’animo umano, per cui mi sedetti accanto a lui chiedendo spiegazioni. Gli dissi, per giustificare la mia ignoranza e farlo sentire importante, che provenivo da terre lontane e che questa era la mia prima visita alla città. “Ma da voi non sono ancora arrivati i dissolutori?” mi chiese l’uomo con un sospiro di speranza. “Dissolutori? Ma chi sono?”, risposi con garbata meraviglia. “Se non comprendi cosa stia accadendo, devo raccontarti come siamo arrivati a questa situazione intollerabile”.
L’uomo
con gli occhi tristi e la parlata lenta iniziò il suo racconto: “Un tempo
questo luogo si chiamava Terra
dei Luminosi Vinili. Era una leggiadra oasi per noi
appassionati di dischi. Ci recavamo in cima alla collina, al tempio, per
ascoltare assieme musica di qualità. L’equilibratore dell’eufonia collettiva
era il sommo “Sacerdote
Metronomo” che sceglieva pezzi particolari come il 45
giri Danze della sera (suite in modo psichedelico) dei
romani Chetro & co o i psichedelici californiani Ant
Trip Ceremony o il sound con influenze classicheggianti dei
newyorchesi Ars Nova. Eravamo
felici, collezionisti e semplici fruitori. Tutti immersi nella vibrante essenza
del suono caldo e morbido che solo i vinili sanno offrire, rassicurati
compiutamente dal rito di spostare il braccetto del giradischi e posare la
puntina sui solchi dei dischi. Negli
anni successivi comparvero i Compact
Disc (CD), una tipologia di disco ottico che permetteva
l’ascolto in digitale della musica. Noi,
però, rimanemmo fedeli alla linea dei long
playing e dei 45 giri, pur apprezzando la digitalizzazione
della prima era”.
“I
tempi mutarono – continuò l’uomo – nubi minacciose si ersero fitte. L’Incontrovertibile Coalizione
(I.C.) salì al potere con i suoi algoritmi di compressione
audio (gli MP3), bandendo ogni forma di ascolto che non fosse in quel formato.
Un tassello fondamentale di un disegno più ampio per anestetizzare tutte quelle
emozioni che l’ascolto di un vinile o – in minima parte – di un cd potevano far
scaturire.La
I.C. creò un corpo speciale di polizia chiamata La Corporazione dei
Dissolutori, che iniziò ad eliminare tutti i vinili e i cd
esistenti attraverso un’arma che in pochi secondi li dissolveva lasciando solo
una nuvoletta, come un anima musicale che saliva in cielo. Ma
come potevamo accettare un ascolto sintetico così compresso dei nostri brani
preferiti? Alcuni, io tra quelli, riuscirono a nascondere la propria collezione
di vinili, ma oggi Very ‘eavy Very ‘umble me li ha scoperti e
dissolti”.
“Ma Very ‘eavy Very ‘umble non è il titolo di un gran disco degli Uriah Heep?” domandai sbigottito per il racconto.“Certo – continuò l’uomo – ma devi sapere che ogni dissolutore veste una tuta iconografica con la rappresentazione di una copertina storica di un disco. Vogliono desensibilizzarci dalla nostra passione, come se, vedendo le immagini e temendo il loro intervento, dovessimo, conseguentemente, odiare le vere pietre miliari della storia del rock. Vedi lassù in alto, su quella torre c’è il grande occhio di Journey to the centre of the eye dei Nektar che ci osserva imperturbabile e guarda a destra come in quel locale la gaudente cameriera di Breakfast in America dei Supertramp sì aggira con il vassoio contenente le bevande cognitive speciali, ricchi di nettare della conoscenza musicale. Possono beneficiarne solo i D.M.I. (Delatori Molto Importanti ), persone di fatto prive di anima autonoma che hanno aiutato la I.C. a smantellare intere collezioni di dischi.In quell’istante transitò una pattuglia di dissolutori con l’uomo schizoide de In the Court of Crimson King in prima linea. Ci ordinarono, vigorosamente, di alzarci e di non sostare in quel luogo. Fu agghiacciante il ghigno feroce di Aqualung mentre gridava “Intanto ve li nebulizzeremo tutti!!!”Ero sconvolto, allibito da questo tipo di mondo, mi sembrava una Follia e non era certo il titolo del disco di Fabio Celi e gli infermieri,.
“Ma Very ‘eavy Very ‘umble non è il titolo di un gran disco degli Uriah Heep?” domandai sbigottito per il racconto.“Certo – continuò l’uomo – ma devi sapere che ogni dissolutore veste una tuta iconografica con la rappresentazione di una copertina storica di un disco. Vogliono desensibilizzarci dalla nostra passione, come se, vedendo le immagini e temendo il loro intervento, dovessimo, conseguentemente, odiare le vere pietre miliari della storia del rock. Vedi lassù in alto, su quella torre c’è il grande occhio di Journey to the centre of the eye dei Nektar che ci osserva imperturbabile e guarda a destra come in quel locale la gaudente cameriera di Breakfast in America dei Supertramp sì aggira con il vassoio contenente le bevande cognitive speciali, ricchi di nettare della conoscenza musicale. Possono beneficiarne solo i D.M.I. (Delatori Molto Importanti ), persone di fatto prive di anima autonoma che hanno aiutato la I.C. a smantellare intere collezioni di dischi.In quell’istante transitò una pattuglia di dissolutori con l’uomo schizoide de In the Court of Crimson King in prima linea. Ci ordinarono, vigorosamente, di alzarci e di non sostare in quel luogo. Fu agghiacciante il ghigno feroce di Aqualung mentre gridava “Intanto ve li nebulizzeremo tutti!!!”Ero sconvolto, allibito da questo tipo di mondo, mi sembrava una Follia e non era certo il titolo del disco di Fabio Celi e gli infermieri,.
Mentre
il mostriciattolo zombie di Live after death degli Iron
Maiden mi stava –minacciosamente – venendo incontro, mi svegliai di
soprassalto con la dilemmatica angoscia che tutto ciò potesse essere non un
sogno, ma una realtà tremenda.Terrorizzato,
andai nella stanza dove erano sistemati i miei vinili e cd. Solo dopo aver
visto che tutto era in ordine mi ripresi dallo spavento.Il
sogno sarà pure il guardiano del sonno, come affermava Freud, ma in
quest’occasione fui ben lieto di essermi svegliato e di aver dissolto – IO –
quell’incubo vivido.Dalla
libreria estrassi il 33 giri della Decca Record de The snow goose dei Camel, il mio disco da isola deserta.
Tornai a letto, accarezzandolo come un bambino l’orsacchiotto.Come Linus la sua coperta, avevo bisogno di quel vinile per rassicurarmi.In quel momento era una sorta di “oggetto transazionale” per passare da una fase soggettiva di estrema paura (l’incubo) ad una oggettiva di presenza confortante (l’autentica esistenza del disco preferito).
Tornai a letto, accarezzandolo come un bambino l’orsacchiotto.Come Linus la sua coperta, avevo bisogno di quel vinile per rassicurarmi.In quel momento era una sorta di “oggetto transazionale” per passare da una fase soggettiva di estrema paura (l’incubo) ad una oggettiva di presenza confortante (l’autentica esistenza del disco preferito).
Il
concetto di oggetto transazionale è
stato coniato dal pediatra e psicanalista inglese Donald Woods Winnicott
(Plymouth, 7 aprile 1896 – Londra, 28 gennaio 1971) per evidenziare come i
bambini si leghino profondamente a certi oggetti (pelouche, pupazzi ecc…) e
come essi rivestano un’ importanza significativa, ad esempio nella fase che
precede il sonno.Per Winnicott l’oggetto transazionale
è il mezzo utilizzato dai bambini per attraversare il complesso iter
soggettività-oggettività: “la transizione del bambino da uno stato di essere
fuso con la madre ad uno stato di essere in rapporto con la madre come qualcosa
di esterno e separato” (Donald Woods Winnicott “Psicanalisi dello sviluppo”
Armando Editore, pag.73).
In
poco tempo Hýpnos, il dio del sonno, mi riprese tra le braccia. Mi svegliai al
mattino senza ricordare altri sogni con l’anatra del disco dei Camel che,
dal comodino, sembrava mi facesse un rassicurante occhiolino. Presi il 33 giri
e mi misi ad ascoltarlo. Un’emozione lunga una suite mi catturò l’anima, per
l’ennesima volta posai il pensiero sulla vigorosa consapevolezza che un mondo
senza vinili risulterebbe imperfetto.
MAURO SELIS
MAURO SELIS
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