In principio c’era il vinile: analisi sulla fruizione della musica dal dopoguerra ad oggi in Italia (di Mauro Selis)
Senza musica la vita sarebbe un errore (Nietzsche)
In
questi ultimi decenni parecchie situazioni nella società italiana si sono
modificate. Una pluralità di usi, costumi e abitudini si sono trasformate
attraverso un vortice di cambiamenti in cui l’essere umano, dotato di
flessibilità, ha ricalibrato le proprie coordinate cognitive e comportamentali.
In
questo turbinio di rinnovamento, tra le “cose” immutabili e consolidate vi è il
fatto che le note musicali sulla scala diatonica rimangano sette. Mutato, e di
molto, è invece il modo di fruire della musica da parte delle nuove
generazioni.
Nell’immediato secondo dopoguerra i
giovani, reduci da un periodo durissimo, non avvertivano una netta
consapevolezza generazionale, essendo inclini ad ascoltare la stessa musica dei
genitori. Nella seconda metà degli anni Cinquanta con i processi di
trasformazione economica, con la vendita dei dischi che – anche grazie al nuovo
formato 45 giri- passa dai 3 milioni nel 1951 ai 17 milioni nel 1958, con
l’urbanizzazione e la conseguente nascita della società dei consumi di massa,
con la diffusione capillare dei juke box e l’avvento del rock’n roll dagli
Stati Uniti, la fascia giovanile può sviluppare una propria identità e
focalizzare l’attenzione su un certo tipo di musica che, per dirla con il
sociologo tedesco Theodor Adorno, “produce
negli individui la convinzione ideologica di essere uniti, rinforza la loro
identificazione con lei e quindi tra loro”.
Avviene in questi anni il lancio sul
mercato di radio e giradischi portatili. La diffusione di
questi strumenti permette alle persone di ballare e/o ascoltare musica direttamente con gli amici a casa, senza recarsi in una balera. Nel 1964 fanno la loro comparsa i nastri a 8
tracce (stereo 8) che hanno un successo clamoroso- seppur effimero- legato
all’esplosione dell’industria automobilistica del tempo. Già nel 1966, la Ford
Motor offre i mangianastri ad 8-tracce come opzione da installare sulla loro
linea completa di automobili prodotta quell’anno. Viaggiare in macchina
ascoltando musica diviene sempre più gradevole e frequente. Nel 1965 appaiono
invece le prime musicassette o più semplicemente cassette, supporto
popolarissimo fino all’inizio del nuovo millennio e ancora in uso, al contrario
degli stereo 8 divenuti ben presto obsoleti. L’ultimo nastro 8-tracce
pubblicato da una major dovrebbe essere il Greatest Hits dei Fleetwood
Mac, pubblicato nel novembre del 1988 dalla Warner Records. L’invenzione
delle cassette apre un varco, che si consoliderà negli anni anche con l’avvento
dei cd vergini, per la pratica della pirateria, permettendo così di duplicare e
riprodurre qualunque brano o album a costi molto bassi. Le cassette danno vita
anche alla cultura del mixtape, un concetto ancora in auge nell’industria
musicale di oggi.
Sono gli anni in cui la
gioventù inizia a percepirsi come tale, sia entrando in conflitto con le
generazioni precedenti, sia incominciando a esprimere -anche tramite la musica-
la loro distanza dal mondo degli adulti.
L’industria discografica, per la prima volta,
offre un repertorio presentato come “musica giovanile”. In Italia si diffonde
il beat con la nascita di migliaia di gruppi che si dedicano a realizzare cover
di canzoni anglofone e in alcuni casi componendo materiale inedito.
Il Beat si trasforma velocemente da fenomeno musicale a modo nuovo di
autorappresentarsi da parte dei giovani. In tutta Italia nascono locali sul
modello del Piper di Roma o la Bussola di Marina di Pietrasanta, dove si
ballano twist, hully gully, surf e soprattutto lo shake con movenze che
preoccupano autorità e mondo ecclesiastico poiché cariche di erotismo e non più
meramente di coppia.
(Twist and Shout)
In quei formidabili anni si
diffondono mode e modelli di vita alternativi grazie alla comparsa del
movimento hippie e dei capelloni. Stili del vivere quotidiano che hanno come
stigmate principali il vestire in modo trasandato, il portare i capelli lunghi,
l’esprimere una spiritualità mistica, l’usare droghe come forma di apertura
delle coscienze, il rigetto di ogni ideologia, la pratica della non violenza e
il rifiuto del consumismo. Con l’avvento del sessantotto e le contestazioni
giovanili di massa, viene adottato il linguaggio musicale come fattore saliente
della protesta, come contributo essenziale della lotta che viene condotta. Sono
questi i momenti in cui si scopre il rilievo collettivo dell’ascolto della
musica, la compartecipazione come esperienza politica e il piacere di nuove
sensazioni anche sonore, vissute come pretesto per nuove forme di aggregazione.
Le canzoni si diffondono grazie alla gioventù che inizia a cantarle assieme,
usando la chitarra come strumento principale di coinvolgimento. Tutte le
pulsioni di cambiamento sociale e politico maturate nel biennio 1968-69 trovano
terreno fertile negli anni Settanta anche attraverso l’organizzazione dei
grandi raduni musicali tipo le feste del proletariato giovanile con promotrice
la rivista “Re nudo”. Sono happening ove si consumano droghe leggere, si fa
meditazione zen, si pratica il nudismo ma soprattutto si ascolta musica. Si
consolida il desiderio di stare assieme, della serie “il tutto è più della
somma delle sue parti”, alla libera ricerca musicale e al piacere
dell’ascolto senza steccati.
A livello più intimo, con il vinile 33
giri che supera di gran lunga- in fatto di vendite- il 45 giri, c’è la
propensione ad aggregarsi in piccoli gruppi di amici per un ascolto attento
dell’ultima uscita discografica. Le lunghe suite del Rock Progressive aiutano a
concentrarsi per più minuti su una singola composizione musicale.
Un ruolo centrale per assembramenti di
giovani in cerca di svago e di contatto viene occupato dalle discoteche. Sono
gli anni in cui si assiste al passaggio dalla balera alla discoteca di
concezione moderna, in cui la musica non è più eseguita dal vivo da band o
orchestre, bensì riprodotta da disc jockey, è un periodo in cui impazza la
febbre del sabato sera con icone fascinose come Donna Summer o produzioni
innovative come quelle del trentino Giorgio Moroder. La dance music consolida
il piacere del divertimento fine a sé stesso. Le serate trascorse in discoteca,
con un genere musicale privo di impegno sociale e in contrapposizione netta con
lo spirito comunitario degli anni Sessanta, diventano il passatempo preferito
per molti giovani.
Una funzione fondamentale a livello
divulgativo, giacchè sono indirizzate precipuamente al mondo giovanile, viene
occupata dalle trasmissioni radiofoniche/televisive tipo Supersonic, dalle
emittenti estere come Radio Luxembourg, dalla nascita e diffusione (dalle 600
nel 1976 ad oltre 2000 nel 1978) delle prime radio libere che trasmettano in
modulazione di frequenza, dalle riviste musicali, in primis la mitica Ciao
2001.
Accanto a questo entusiasmo, intriso da
musica di qualità, non tutto è rose e fiori.
I Seventies sono un periodo di crescente
rabbia a livello di tessuto sociale. Si assiste anche ad annullamenti di interi
festival per motivi di ordine pubblico con scontri violenti come a Parco Lambro
1976.
(Parco Lambro 1976)
Dopo il lancio di molotov sul palco del
Vigorelli di Milano durante il concerto di Santana del 13 settembre 1977, molte
band rock straniere eviteranno tournée in Italia per qualche anno. Ad essere
presi di mira sono soprattutto quei concerti, anche di cantautori italiani
quali De Gregori o De Andrè, che possono dare visibilità al movimento
politico/musicale degli Autoriduttori, i quali si convincono che la
musica, essendo prodotto culturale, deve essere gratuita (“la musica si ascolta,
non si paga”) e accessibile alle masse. Queste frange estreme,
con la loro azione di assalto distruttivo, paradossalmente, circoscrivono la
capacità della musica di innescare reali sviluppi di cambiamento, di essere
veicolo di aggregazione pubblica e strumento di specificazione di una
collettività sociale, anche il primo festival punk italiano che si svolge a
Milano nel 1978 si conclude con scontri tra band e pubblico.
Il decennio successivo è caratterizzato, a livello fruitivo,
dall’invenzione del Compact Disc Digital Audio (CD) avvenuta ufficialmente nel
1982, “il supporto in grado di digitalizzare l’onda sonora prelevandone, a
intervalli regolari, il valore, e convertendolo in una sequenza numerica
facilmente archiviabile che contiene tutte le informazioni necessarie per la riproduzione
del segnale stesso” (Enciclopedia Treccani). Il CD sembra riunire le cose migliori di tutti i
formati che lo hanno preceduto: audio di alta qualità, compatto, portatile,
riscrivibile e poco costoso. Con il cd si modifica non poco l’ascolto della
musica anche a livello individuale.
Riporto una
riflessione d’un musicofilo captata su un blog: “prima ti sedevi comodamente
sulla poltrona o sul divano mettevi un LP sul piatto, ascoltavi 20 minuti di
musica poi ti alzavi e giravi il disco sul lato B e altro ascolto per 20
minuti, con il cd te ne puoi stare per 80 minuti consecutivi tranquillo”.
Altra differenza con i decenni precedenti
è che la musica si può “vedere” anche da casa attraverso la propagazione dei
videoclip che accompagnano, con immagini, l’incedere dei brani musicali. Tutto
ciò per favorire l’ulteriore spettacolarizzazione del mondo delle sette note e
la creazione di star planetarie come ad esempio Michael Jackson e Madonna. In
Italia la prima trasmissione
televisiva riservata interamente ai videoclip
musicali è “Mister Fantasy”, un
programma culto andato in onda su Rai
1 in quattro edizioni,
dal 12 maggio 1981 al
17 luglio 1984, ideato da Paolo
Giaccio e condotto da Carlo
Massarini con la partecipazione
di Mario Luzzatto Fegiz.
Nel 1980 entrano in
produzione i walkman per l’ascolto individuale in cuffia delle musicassette e successivamente anche
dei compact-disc.
L'idea di potersi portare tutta la propria
musica preferita in giro con sé appare davvero innovativa. Altra difformità con
i Seventies è che l’arrivo in Italia di artisti di grandezza internazionale per
concerti molto seguiti non smuove in profondità le coscienze. Questi
appuntamenti non vengono più utilizzati per propaganda o iniziative politiche.
Gli Ottanta sono gli anni del riflusso con
l’affermazione di una cultura narcisistica orientata alla soddisfazione dei
propri bisogni individuali e privati. I Nomadi nel loro brano 60,70,80 del 1988
cantano: “la gioia dei sessanta, la rabbia dei settanta, la noia degli
ottanta”
(https://youtu.be/m9tTXFLsC24), come potergli dare
completamente torto?
Con concerti tipo
il Live Aid , tenutosi
il 13 luglio 1985
in contemporanea al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia (Pennsylvania, Stati Uniti d'America) e al Wembley Stadium di Londra (Inghilterra), inizia la dimensione oblativa degli eventi
organizzati per beneficenza, nel contempo tutto questo evidenzia la dimensione
globale, planetaria che ha raggiunto la musica.
Gli Eighties non sono, comunque, un
decennio in cui si azzera la caratterizzazione politica dei giovani, diminuisce
però il peso specifico dell’impegno militante tipico dei Settanta per aprire
varchi verso una partecipazione più estemporanea e occasionale, orientata verso
obiettivi specifici come l’ecologia o il contrasto alla mafia. Nessuno di
questi movimenti pone sullo stesso livello di intensità il rapporto tra impegno
politico e musica come nei due decenni precedenti.
Sorge la forma mentis superficiale dello yuppie ottantiano per cui ogni novità
sembra bella, buona e valida.
Gli anni Novanta vedono l’affermarsi dei compact disc
con il divario di vendita rispetto ai vinili che aumenta di anno in anno, fanno
la comparsa anche la pubblicazione di album nel formato -non convenzionale per
la musica- dei floppy disc. L’uscita su floppy rimane di nicchia e non invade
il mercato seppur, con il senno di poi, rappresenti una anticipazione del
futuro digitale della musica. Molti indicano in Generative Music 1 di Brian
Eno del 1996 il dischetto più famoso mai rilasciato.
Sono anni in cui si diffonde in tutto
il mondo il karaoke, un fenomeno musicale il cui nome risulta
dall'unione tra la parola giapponese kara (vuota) e il termine ōkesutora ,
ossia la pronuncia alla giapponese della parola di etimologia greca "orchestra".
In Italia, il karaoke divenne
popolarissimo in seguito al successo di una omonima e fortunata trasmissione condotta
da Fiorello, la prima puntata andò in onda su Italia 1 il 28 Settembre 1992. Sono anni in cui i santuari dell’aggregazione per
ascoltare una tipologia di musica che ha preso il nome di House e Techno, o
qualcosa di simile, divengono le discoteche, veri templi della notte.
Una precisazione: per distinguere gli stili musicali
discotecari si usano come unità di misura i BPM (Battiti per minuto), pensate
al nostro cuore di adulti che a riposo mediamente batte tra le 60 e le 90 volte
(70-120 per gli adolescenti e 80-180 per i neonati) ebbene la musica House
varia tra 120-130, la Techno Hardcore tra 165 e 250 e la Speed Core tra 200 e
1000. Anche per stare al tempo con queste battute, in Italia iniziano a
circolare le droghe sintetiche a base anfetaminica, ecstasy in primis.
Le lunghe serate in discoteca divengono messe laiche
ove al D.J., che fa suonare musica, si unisce il “sacerdote” vocalist che
stimola verbalmente i ragazzi con frasi tipo “Sale sale e non fa male”,
una chiara allusione alle sostanze sintetiche.
Sempre nei Novanta in Italia sono importanti le
iniziative legate a grandi eventi aggreganti tipo i Concerti del primo maggio a
Roma in Piazza San Giovanni Laterano. Il concertone, come viene definito dagli
addetti ai lavori, organizzato dal 1990 dai maggiori sindacati (CGIL, CISL e
UIL) in occasione della Festa del Lavoro, raduna – da sempre- decine di
migliaia di spettatori provenienti da tutta Italia.
(Concertone 1 Maggio)
Ma un nuovo formato di codifica digitale vede nel 1992
l’alba della sua radiosa giornata che dura ancora oggi, è L’MP3.
Da Wikipedia:
“L’MP3 (formalmente Moving Picture Expert
Group-1/2 Audio Layer 3), anche noto come (MPEG-1 Audio Layer
III e MPEG-2 Audio Layer III) è un algoritmo di compressione audio di tipo lossy, sviluppato dal gruppo MPEG, in grado di ridurre drasticamente la
quantità di dati richiesti per memorizzare un suono, mantenendo comunque una
riproduzione accettabilmente fedele del file originale non compresso. La sua
ideazione è dovuta a un team di lavoro istituito presso il CSELT e coordinato da Leonardo Chiariglione”.
La diffusione di programmi di sharing
musicale con capostipite Napster nel 1999, l’immissione sul mercato di lettori
MP3 che prenderanno il sopravvento sui vecchi e obsoleti walkman, daranno un
impulso notevole alla diffusione del formato, indirizzando la fruizione
musicale verso un approccio prevalentemente individuale.
Napster,
nonostante la breve durata di tre anni nella sua forma iniziale gratuita,
permettendo la condivisione gratuita di file peer-to-peer nel formato MP3,
porta ad una diffusa violazione del diritto d’autore, suscitando la
comprensibile indignazione di tutta l’industria musicale. Dalle ceneri di
Napster sono sorti altri famosi programmi di scambio di file quali Morpheus,
Kazaa, Emule, WinMX, Gnutella, Soulseek, Bittorrent e molti ancora. Napster
non ha cambiato soltanto le abitudini degli utenti ma ha fatto sì che i
riluttanti produttori di musica -artisti ed etichette- si adeguassero pian
piano alla novità, offrendo alternative legali per l'ascolto di musica online come il
negozio iTunes, tra le prime e più
famose piattaforme con la possibilità, in pochi clic, di cercare,
acquistare e ascoltare istantaneamente musica.
Negli ultimi vent’anni uno dei
momenti topici e particolari di aggregazione giovanile è rappresentato dai Rave
Party Music, alcove di consumo di stupefacenti, ketamina in particolare. La ketamina, chiamata anche Special K, è un anestetico /dissociativo per uso veterinario e umano. È commercializzata con i nomi di Ketalar, Ketanest e Ketaset.
A dosi sub-anestetiche causa forti dissociazioni psichiche, nonché lieve analgesia
–non si prova dolore-, ha trovato perciò largo uso come sostanza stupefacente. Questo approccio, proteso verso stati alterati di coscienza,
induce migliaia di persone affollate nei pressi
delle casse audio a non prestare la benché minima attenzione al dj o agli
stessi compagni di ballo o a qualsiasi altra cosa o persona ci sia nelle
vicinanze. Fruizione apparentemente di massa ma totalmente individuale. Un rave illegale
mette in scena vari elementi monolitici: affronto
alla proprietà privata attraverso
l'occupazione di spazi abbandonati delle
grandi città e la loro autogestione temporanea (zone temporaneamente autonome) o in mezzo alla natura.
Attacco alle forme di produzione commerciale delle discoteche, al valore del denaro, ai rapporti sociopolitici di dominio nel governo della metropoli. Negazione della "star" come i DJ. Autoproduzione
come concetto di massa: dalla produzione stessa della musica alla creazione di una vera e propria
microeconomia alternativa, compreso il baratto.
Ricerca di una consapevolezza comune, grazie alla condivisione di conoscenze
su un uso creativo e sovversivo della tecnologia.
Uguaglianza nelle diversità, al di fuori della politica tradizionale.
Con il nuovo millennio e le sue dinamiche "innovative-tecnologiche" siamo
entrati nell’era digitale, dei downloads, della musica liquida senza un
supporto fisico tangibile, anche se negli ultimi tempi c’è un significativo e
gradito ritorno al vintage. Gli mp3 rappresentano le nostre compilation da
ascoltare ovunque, ma affermando questo siamo già nel passato. Negli ultimi
anni sono sorti servizi musicali che offrono lo
streaming on demand di una selezione di brani tipo Spotify, Deezer,
Tidal, Apple Music, Amazon Music Unlimited e YouTube Music . La
grande novità consta nel fatto che non si possiede la musica né in forma
“solida” (CD, vinile, cassetta), né in forma digitale (sotto le sembianze di un
file): quel che si possiede è semplicemente il diritto di accesso e fruizione al contenuto, una specie di noleggio dei
brani. Le canzoni possono
essere sì organizzate in playlist, ma l’accesso alle stesse sarà sempre e
comunque vincolato a una durata, la cui scadenza è fissata con il termine del
contratto di abbonamento siglato. I servizi di streaming musicale,
sempre più apprezzati, offrono una serie di vantaggi per coloro che amano
ascoltare musica ovunque e in qualsiasi momento. Queste piattaforme, infatti,
oltre ad offrire l’accesso a cataloghi costantemente aggiornati
con milioni di brani, permettono di creare e condividere playlist,
pubblicare podcast, ascoltare stazioni radio e molto altro
ancora: non solo quando si è connessi a Internet ma, per gli utenti abbonati a
un piano a pagamento, anche offline.
Secondo una recente ricerca, le iscrizioni alle piattaforme di
streaming on demand hanno registrato un netto incremento nel 2019,
segnando una crescita del 32% rispetto all’anno
precedente. Infatti, sarebbero oltre 358 milioni gli
utenti attivi alla fine del 2019. La previsione è che possano diventare
ben più di 450 milioni alla fine del 2020.
È dunque lampante come la tecnologia abbia veicolato
le nostre abitudini di fruizione musicale, a tal proposito ho scovato in rete
questa interessante testimonianza -di qualche anno fa ma ancora validissima- di
un insegnante, presumo mio coetaneo (io sono del 1961), che fa un po' da
raccordo su tutto quello che abbiamo scritto finora. “Cara musica com’è
cambiato oggi il modo di ascoltarti. Ricordo
gli anni del Liceo. Nel pomeriggio, appuntamento nella casa di questo o quel
compagno dopo avere studiato (talvolta anche in sostituzione dello studio!) per
ascoltare il successo del momento. Il vinile spesso gracchiava sotto la puntina
sporca o consunta. E si parlava, si cantava insieme, si leggevano i testi dei
brani italiani o inglesi che erano stampati sulle custodie del long playing. Istanti importanti di
grande condivisione, tutti riuniti attorno all’immagine rivisitata di un
focolare. Il disco 33 giri sul piatto riscaldava l’atmosfera. Chi non ricorda il
famoso mangiacassette portatile, la matita usata per riavvolgere il nastro che
puntualmente si aggrovigliava dopo l’ennesimo ascolto, o, prima ancora, l’ormai
mitico mangiadischi che graffiava regolarmente tutti i 45 giri? Una scatola di
plastica colorata con una fessura –
qualcuno di noi l’aveva battezzata “grosso salvadanaio” – e una manopola:
s’infilava il
vinile e via! La festa poteva iniziare ovunque si fosse. Così tu, Musica, eri sempre con noi,
con il gruppo: nel salotto di una casa, in un giardino, durante una passeggiata
in montagna, in collina o in campagna, sotto l’ombrellone al mare. Cara Musica,
eri forza aggregante, e tale per me sei rimasta. Oggi sono arrivate cuffie e cuffiette
e, cara Musica, sei diventata in sostanza un fatto privato. Si ascolta l’iPod (n.d.r.:
ora tramontato anch’ esso. È sufficiente uno smartphone…) mentre si cammina o si fa footing; anche a bordo piscina o in
spiaggia, tra amici, ognuno ha i propri auricolari, inserirli nelle orecchie è
uno dei primi gesti degli studenti a scuola allo squillo della campanella
dell’ultima ora di lezione. E che dire delle gite scolastiche? Ricordo le prime
in cui ero professore accompagnatore. In
pullman si domandava al conducente d’inserire le cassette nell’apposito
lettore; qualche anno più tardi sarebbe toccato ai CD.
I ragazzi e le ragazze aspettavano in piedi, tra le due file dei
sedili, per chiedere di ascoltare la band di successo, il cantante di moda con
l’approvazione o le proteste del resto della comitiva poiché le note si
diffondevano nell’intero abitacolo.
Cara Musica, anche in quei momenti, bellissimi, eri condivisione. Tutti, o
quasi, canticchiavano, a volte cantavano a squarciagola, spesso si muovevano al
ritmo del suono. Atmosfera, allegria, aggregazione …
Ora,
anche su un pullman, ognuno è sprofondato nel proprio sedile con cuffietta e
iPod. Silenzio apparente, canzoni nel cervello: cara Musica, sei diventata un
fatto individuale. Sempre più frequentemente sei isolata, introiettata. Segno
dei tempi? E sei spogliata di quel senso di esteriorizzazione che, per noi
“ragazzi degli anni ’50 e ‘60”, è una tua prerogativa.
Ecco perché ancora oggi per esempio in
casa, anche quando sono solo, che sia un momento di relax o di lavoro,
inserisco un CD nello stereo o accendo la radio; mi piace che le stanze si
riempiano di note, che il suono si diffonda e che tu musica mi ritrovi qua “.
Nei decenni sarà mutato il modo di fruire della musica, ad
esempio non
c’è più un momento specifico per fermarsi ad ascoltarla seppur gli appassionati
frequentino ancora i concerti, ma non è cambiato il concetto che essa ci fa provare emozioni,
ci coinvolge, ci aiuta quando ci sentiamo tristi e ci fa riflettere sulla vita.
Da un post tratto da un forum di adolescenti. “Spesso noi giovani usiamo la musica come
un metodo per evadere dal nostro standard di vita; cerchiamo nella musica un
mondo irreale per sottrarci alle sofferenze, alle difficoltà e ai problemi. Ci
rifugiamo nella musica perché ci offre un riparo inviolabile dove la società
ostile non può penetrare. La musica diventa una casa, la nostra casa in cui
possiamo liberamente entrare e uscire. Ecco perché si dice che noi giovani non
viviamo la musica ma la abitiamo. Negli ultimi anni il motivo per cui il rapporto
tra i giovani e la musica è diventato sempre più stretto, è che le canzoni del
nostro tempo riflettono in modo sempre più realistico la vita di tutti i giorni
con i suoi problemi delusioni e speranze. Noi giovani ascoltando le canzoni
troviamo dei punti in comune tra l’argomento del testo e la nostra vita e ci
sentiamo compresi, consolati del fatto che non siamo stati i soli a vivere
un’esperienza spiacevole”.
Dall’interno
copertina del vinile di “Essenza” (novembre 1973), il quarto disco del
compianto musicista milanese Claudio Rocchi, reduce da uno dei suoi viaggi in
India.
“La musica
ti è mai entrato dentro? Tu lo sai per te quanto è od è stata parte della tua
esperienza. Ma la tua Musica è il tuo agire; la tua orchestra il Cosmo. La vita
scorre in altalena fra bassi ed acuti, vibrazioni e suoni che disegnano
l’Essere. Difficile la corrispondenza con la musica?”.
(Essenza di Claudio Rocchi)
La musica, cassa di risonanza emotiva eccezionale,
rientra in un primordiale processo comunicativo. Il desiderio di creare musica
nasce da esigenze naturali, intrinseche alla peculiarità umana, quali la
necessità di esternare i propri stati d’animo e condividerli nello spazio
sensoriale, per poi ascendere ad un livello superiore, all’arte, attraverso
un linguaggio sia scritto (in caso di canzoni con testi) sia meramente
strumentale che viene decodificato ed elaborato da chi l’accoglie, secondo il
proprio sistema cognitivo, la sensibilità, l’intelletto.
“La
musica viene creata dall’uomo per imitare la natura - le voci degli animali, i
rumori del vento, dell’acqua - attraverso canti e danze tribali, che poi
evolvono in forme di percussione prodotte dalle mani, dai piedi e poi via via
da pezzi di legno, pelli tese, tronchi d’albero, sonagli di zucca, fino ad
arrivare ai più sofisticati strumenti” (Raffaello “Lello” Savonardo 2010).
Ai
posteri ancora ampi spettri di fruizione, “a
sentire i turiferari del futurismo musicale informatizzato pare che siamo tutti
destinati a buttare nella spazzatura decenni e decenni di collezioni, spese,
emozioni, storie, ricordi e chi più ne ha più ne metta a meno di non salvarli
tutti nel pc in formato mp3”. (Mauro
“Aurora Lunare” Pini 2019).
Ma una certezza assoluta si erge suprema, qualunque sarà il modo
di ascoltarla: MUSIC
CAN NEVER DIE
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