lunedì 8 ottobre 2018

Toh: e se il futuro fosse (anche) il vinile?

Pochi giorni fa ho ascoltato (casualmente) una interessante trasmissione alla radio sul tema (oceanico!) del Blog con addetti ai lavori (tecnologia, produzione musicale), seri e competenti a fare il punto della situazione sugli scenari attuali e futuri; confermavano che il vinile è  in netto e costante rialzo (fa da specchio il mercato USA). pur restando settore di nicchia, ma il mercato(ne) industriale se ne è accorto eccome, tanto che, sottolineavano, anche la Technics ha ripreso a produrre giradischi di qualità (assai cari ma finalmente disponibili). 

Insomma, dato per morto dai soliti turiferari del futurismo digitale è vivo eccome: certo, non per tutti i generi: pare (e non ci sorprende affatto) che il vinile sia legato alla buona musica (toh!), il rock (nella sua più vasta accezione, mentre lo streaming e il digitale (chiarivano in trasmissione) è tipico del pop e simile roba commerciale (ri-toh!). 
Già...già... il buon rock, i cui fruitori (noi!) non si accontentano della musica volatile e de-materializzata, ma vogliono avere oggetti fisici da poter toccare, odorare, conservare, anche come segni di dedizione e attaccamento (riconoscenza? perché no...) verso i propri artisti, oggetti (e non "cose" mercificate) da mostrare agli amici, da conservare (anche) come pezzi della propria storia (per non dire del vasto mondo del collezionismo). Il suono dei vinili, proseguono gli esperti, piaccia o no, è sempre comunque di minore qualità (mi pare non abbiano usato parola ma il senso era questo e si deduceva un certo imbarazzo verso gli amanti del disco) rispetto ai file digitali (CD compresi, dove viene riversata la registrazione) in quanto il complesso processo di riversamento su vinile (trasferimento, caratteristiche della testina ecc. ecc.) comporta  inevitabilmente una qualche perdita. O forse, meglio, chiarivano, "è un suono diverso" e comunque l'uscita phono dell'amplificatore richiede molta più potenza rispetto al digitale. 
E quindi? Sono sempre più convinto che la fruizione legata all'oggetto-supporto fisico, mode a parte, NON si perderà, a meno che Homo Sapiens non si trasformi in Homo Cyborg (mai dire mai...). E poi, altra info molto importante (e per il sottoscritto non affatto scontata) a fini del mercato futuribile: pare pure che anche nel mondo pop il vinile stia riprendendo quota (ma la cosa francamente potrebbe interessarmi meno di zero, ovvero la quota pari al mio interesse per il pop). E i (nostri amati)  CD? 
Quando ho sentito accennare a questo sono balzato sulla sedia, iniziando a .. tremare per il possibile avverarsi del mio incubo. Secondo gli esperti la produzione ad oggi è ancora imponente (... del futur non c'è certezza!) ma probabilmente sarebbe una sorta di via di mezzo con il vinile, ovvero conserverebbe la funzione di nicchia (per "noi" quindi) con relativa produzione specialistica tipo box, cofanetti ecc. ecc. ma non hanno certo parlato di museo, tanto meno di cimiteri,  né di impossibilità di poterli ascoltare. Ad oggi sembrerebbe che l'incubo della damnatio memoriae sia solo il sinistro augurio dei profeti dell'ultra-futurismo musicale (e non solo) a tutti i costi (e che costi!) che evidentemente poco o nulla tengono alla (buona) musica, a chi la fa e a chi la fruisce, dimenticando che (la musica, quella "buona") non è solo consumo di massa ma fenomeno culturale legato a bisogni, passioni, emozioni e processi identitari, individuali e sociali, che non si esauriscono con un clic, un selfie o un like...

Mauro Pini

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