Con tutta comodità, Loris, avrei un grande piacere e
interesse culturale, musicale a sapere la tua su una vexata questio che mi ha contributo a rendere ancora più
superficiale il mio già scarso e leggero sonno, ossia sulla profezia degli
ipermodernisti digitali, fautori del nuovo che avanza a tutti i costi (come se
nuovo coincidesse con bello, buono e valido, forma mentis che mi richiama l'approccio
yuppie ottantiano): i ritmi travolgenti dello sviluppo tecnologico avrebbero
condannato a morte i tradizionali supporti musicali, il vinile (anche se in
retta ripresa e non da ora...) e in particolare i CD-DVD. A sentire i turiferari
del futurismo musicale informatizzato pare che siamo tutti destinati a buttare
nella spazzatura decenni e decenni di collezioni, spese, emozioni, storie,
ricordi e chi più ne ha più ne metta (a meno di non salvarli tutti nel pc in
formato mp3):ma siamo impazziti? scenari da incubo, da catastrofe, uno dei miei
peggiori incubi... vedere distrutti tutti miei CD-DVD-vinili. Si sa, l'impermanenza
regna sovrana in questa valle di lacrime e guai attaccarsi alle cose che
inevitabilmente dovremo lasciare, ma come far finta che queste "cose"
contengono i nostri ricordi e memorie emotive? Tutto ciò è "umano, troppo
umano" direbbe il noto filosofo vissuto nell'Ottocento, dissacratore di
miti e certezze, annunciatore della "morte di Dio"
Non mi stupisce che si faccia sempre più fatica a trovare
lettori e dvd in commercio (ma siamo poi così sicuri?) e magari costeranno
sempre di più o non ci saranno per impianti hifi (anch'essi destinati alle
disfatture?) ma solo per pc, ma davvero con le nostre migliaia di CD potremmo
giocarci solo a frisby nelle spiagge
(e neanche perché mi sa che è vietato anche quello!). E allora, mi chiedo e
chiederei a questi profeti del postmodernismo digitale, perché si continua a
produrre CD con ritmi industriali come nulla fosse (c'è pure il vinile, tornato
alla grande quando pareva anch'esso destinato al cimitero). La logica dei
mercati non si impietosirebbe di fronte alle nostre grida di dolore o ai nostri
ricordi andati in fumo (una forma moderna di damnatio memoriae) ma oso pensare che una qualche soluzione, anche
di fronte allo scenario peggiore verrà trovata. Non mi pare, o meglio mi
auguro, che valga (come un amico mi ha detto) il paragone coi VHS: vuoi mettere
la quantità di produzione dei CD-DVD con quella delle videocassette?). Noi
progster di origine settantiana (e non solo!) non ci rassegneremo mai a sentire
la nostra musica in mp3 magari
accatastando migliaia di file tutti uguali da sentire con lo smartphone,
ovviamente nn più di pochi secondi ciascuno per non essere colti dalla noia,
presi dall'ansia del nuovo (sic!). Simili condanne capitali vennero proferite anche
per il vinile (vedi sopra), il libro e i giornali. Beh, se così fosse mi fa
proprio piacere sapere di appartenere a una razza in estinzione (riprendendo il
grande Giorgio Gaber), e penserei come poter su Marte tutti i miei CD e vinili ...
Scenari tecno-apocalittici dunque: ammesso siano tali, come si può salire in
tempo, con i nostri bagagli musicali a seguito, sull'Arca di Noè?
Settembre 2018: lettera di un piccolo produttore discografico ad un amico fruitore di dischi, amareggiato e disorientato (...quasi spaventato)
Da Loris Furlan (Lizard Records)
a Mauro Pini (Aurora Lunare)
Caro buon Mauro, ti rispondo di slancio, emotivamente.
La questione del supporto musicale, discografico, (ora anche chiavettistico?)
ovviamente mi coinvolge alla grande, ma non certo per ragioni economiche,
certamente affettive, appassionate, che sappiamo essere in fondo il vero
sostentamento esistenziale.
Il problema è chiaramente culturale ed
epocale, nel senso che la giovane generazione già indotta al consumo compulsivo
e irrazionale (perchè sappiamo che il capitalismo/liberismo vuole dapprima
formare dei consumatori) è già in quel presente che non considera più il
supporto discografico, certamente non il CD, ma solo marginalmente il vinile,
forse per rigetto, forse nell'ottica di quello stesso consumo, un pò per
sentirsi alternativi, fuori dal gregge.
Di questo sono consapevole da tempo, ma non
me ne sono mai preoccupato, cosciente della presenza di due mondi che non si
amano: da una parte c'è l'onda irrefrenabile, a suo modo assolutistica, del
mercato, che si nutre solo di obiettivi economici, e che non ha certo freni nel
triturare una nuova generazione (e oltre), inesorabilmente assuefatta alle sue
dinamiche "innovative-tecnologiche" (quel nuovo irrefrenabile, che
non si può e non si deve fermare), e non c'è modo di rimanerne fuori (avessi
oggi vent'anni mi troverei parecchio a disagio, ma ne sarei coinvolto),
dall'altra c'è ancora una nicchia che non potrà fare a meno dei propri amori,
incluse le proprie collezioni di dischi, che non butterà nella spazzatura (al
più svenderà ciò che è meno interressante per far posto in casa).
Quella nicchia sta sopravvivendo. Con noi,
vecchietti? Sì, soprattutto, ma un pò (pur poco e marginale, nei casi migliori)
di transizione generazionale ci sarà. Mi rincuora vedere mio figlio, a 20 anni,
desiderare ancora i dischi, cd e lp, dei suoi eroi, certo non onnivoro e di
perenne curiosità e ricerca come noi, ma già non è poco.
E dopo di noi? Mi sovviene di intonare
quella vecchia canzone di Guccini "...ma noi non ci saremo", ed
egoisticamente lasciare serenamente ai posteri i propri deserti culturali. Ma
certamente me ne spiace, e ancora vorrei auspicare degli anticorpi, qualche
piccola residua sacca di resistenza, e in fondo è quel che sta avvenendo già
oggi con cd autoprodotti, piccole etichette indipendenti (certo, anche la
Lizard), demo, vinili carbonari. Auspico un bisogno di oggettiva
tangibilità/fisicità. Auspico che qualche individuo, pur in risicata minoranza,
decida di dissentire dall'onda devastatrice di cui sopra (che vuole decidere
per lui, per le sue scelte, le passioni, il tempo della propria vita, i pensieri....ah
il caro buon Gaber che negli anni 70 recitava "...i gusti sono la vera
sostanza ideologica...").
Del resto i numeri sono sempre più irrisori
e ci danno torto. EPPURE in questa piccola reazione anomala, chiamiamola ancora
umanità, la Lizard e tanti altri continuano a sopravvivere, magari ognuno in
piccolissimi scompartimenti, ma anche questo non è poco.
Tranquillo caro Mauro, sono certo che tu
non butterai mai i tuoi dischi, nè lo farò io e tanti altri.
Certo, quando noi non ci saremo, l'onda devastatrice
potrebbe aver compiuto la sua opera sostanzialmente definitiva, la sua tabula
rasa dei cervelli (o meglio la loro programmazione). E mi vengono le lacrime
nel pensare a quel vecchio veneziano appassionato di musica classica che, una
volta morto, si è "visto" svendere dal figlio tutta la sua
meravigliosa collezione di dischi ad un rigattiere, per quattro soldi. Senza
amore, non per la musica (quella il figlio non l'ha avuta mai) ma per il padre.
Mi auguro che non sarà così anche per i
miei figli (senza pretendere che tengano tutto il magazzino Lizard), ma mi
auguro pure, non così velleitariamente, che le piccole realtà carbonare (e
davvero ce ne sono tante) sopravvivano al tempo, anche all'onda devastatrice,
spernacchiandola con una risata ancora sentimentalmente anarchica.
Ci sono due mondi: uno, che è massa e
dunque grande autostrada delle ovvietà, che non si pone domande e assorbe tutto
quello che gli viene propinato, avvelenato di desideri e bisogni indotti, di
domeniche passate al centro commerciale, e uno che ama ancora il silenzio
("...se ci fosse più silenzio potremmo capire qualcosa di più",
Fellini da La Voce della Luna), che non si fida dell'aria viziata che sta
respirando, che ama cercare delle risposte in profondità, che ama ciò che è vero
e sa ancora distinguerlo da ciò che è artefatto, che ama ascoltare ed
emozionarsi con un album di musica (vera) appoggiato sul piatto o in un lettore
cd, adornando la propria casa (anche) di dischi.
Noi stiamo dalla seconda parte, siamo pochi
ma non soli...
Loris Furlan
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