martedì 25 marzo 2025

Vade retro mp3

 L'mp3 non mi avrà mai, un pò perchè francamente ci capisco ben poco su come scaricare musica dal pc, ma questo è un aspetto secondario: vuoi mettere la bellezza estetica e sonora degli lp tornati prepotentemente alla ribalta?Hanno forgiato le nostre conoscenze musicali .......ed economiche.


Per comprarne uno dovevamo centellinare le ben poche lire a disposizione per recarsi poi nei negozi dove, se non avevamo già le idee ben chiare su cosa acquistare, si rovistava nei pacchi di dischi fino a scegliere in base ai gusti, al gruppo e a volte anche alla copertina, che sull'lp appariva in tutto il suo splendore, con testi ed artisti chiaramente leggibili.
Il cd ha un grosso vantaggio rispetto all'lp: la puliza del suono finalmente libero da fruscii e scrcchiolii sgraditi, puoi anche trattarlo abbastanza male, ma leggerà quasi sempre senza fastidi.
Però ha lo svantaggio di avere libretti microscopici dove non puoi apprezzare l'artwork e soprattutto,adesso in vecchiaia, leggere i testi e gli artisti presenti dato che i caratteri sono veramente minuscoli.
Altro vantaggio (grosso) è il fattore durata, qui le tracce filano dall'inizio alla fine senza doversi faticosamente e svogliatamente alzare a girare il disco sul piatto.
La comodità prosegue in auto dove puoi ascoltare ciò che vuoi utilizzando i ritagli di tempo che spesso mancano a casa. 
Io ascolto più musisca in auto che altrove.Per me l'lp non morirà mai e gli affollatissimi mercatini dell'usato stanno lì a testimoniarlo: il cd continuerà a vivere, ma secondo me in tono sempre minore. I costi poi rispetto ad un dischetto vergine sono astronomici e non si capisce perchè passato un pò di tempo adall'uscita il prezzo spesso crolli
a pochi euro. Ma non potrebbero avere subito un costo più accessibile? Forse venderebbero di più, ma le leggi del mercato non le faccio certo io.
Lunga vita all'lp e perchè no? anche al cd.
L'mp3 per me potrebbe tranquillamente fare festa.. 

Alberto Voglini 

In principio c’era il vinile: analisi sulla fruizione della musica dal dopoguerra ad oggi in Italia

In principio c’era il vinile: analisi sulla fruizione della musica dal dopoguerra ad oggi in Italia (di Mauro Selis)

 

 

Senza musica la vita sarebbe un errore (Nietzsche)

 

 

In questi ultimi decenni parecchie situazioni nella società italiana si sono modificate. Una pluralità di usi, costumi e abitudini si sono trasformate attraverso un vortice di cambiamenti in cui l’essere umano, dotato di flessibilità, ha ricalibrato le proprie coordinate cognitive e comportamentali.

In questo turbinio di rinnovamento, tra le “cose” immutabili e consolidate vi è il fatto che le note musicali sulla scala diatonica rimangano sette. Mutato, e di molto, è invece il modo di fruire della musica da parte delle nuove generazioni.

Nell’immediato secondo dopoguerra i giovani, reduci da un periodo durissimo, non avvertivano una netta consapevolezza generazionale, essendo inclini ad ascoltare la stessa musica dei genitori. Nella seconda metà degli anni Cinquanta con i processi di trasformazione economica, con la vendita dei dischi che – anche grazie al nuovo formato 45 giri- passa dai 3 milioni nel 1951 ai 17 milioni nel 1958, con l’urbanizzazione e la conseguente nascita della società dei consumi di massa, con la diffusione capillare dei juke box e l’avvento del rock’n roll dagli Stati Uniti, la fascia giovanile può sviluppare una propria identità e focalizzare l’attenzione su un certo tipo di musica che, per dirla con il sociologo tedesco Theodor Adorno, “produce negli individui la convinzione ideologica di essere uniti, rinforza la loro identificazione con lei e quindi tra loro”.

Avviene in questi anni il lancio sul mercato di radio e giradischi portatili.  La diffusione di questi strumenti permette alle persone di ballare e/o ascoltare musica direttamente con gli amici a casa, senza recarsi in una balera. Nel 1964 fanno la loro comparsa i nastri a 8 tracce (stereo 8) che hanno un successo clamoroso- seppur effimero- legato all’esplosione dell’industria automobilistica del tempo. Già nel 1966, la Ford Motor offre i mangianastri ad 8-tracce come opzione da installare sulla loro linea completa di automobili prodotta quell’anno. Viaggiare in macchina ascoltando musica diviene sempre più gradevole e frequente. Nel 1965 appaiono invece le prime musicassette o più semplicemente cassette, supporto popolarissimo fino all’inizio del nuovo millennio e ancora in uso, al contrario degli stereo 8 divenuti ben presto obsoleti. L’ultimo nastro 8-tracce pubblicato da una major dovrebbe essere il Greatest Hits dei Fleetwood Mac, pubblicato nel novembre del 1988 dalla Warner Records. L’invenzione delle cassette apre un varco, che si consoliderà negli anni anche con l’avvento dei cd vergini, per la pratica della pirateria, permettendo così di duplicare e riprodurre qualunque brano o album a costi molto bassi. Le cassette danno vita anche alla cultura del mixtape, un concetto ancora in auge nell’industria musicale di oggi.

Sono gli anni in cui la gioventù inizia a percepirsi come tale, sia entrando in conflitto con le generazioni precedenti, sia incominciando a esprimere -anche tramite la musica- la loro distanza dal mondo degli adulti.

 L’industria discografica, per la prima volta, offre un repertorio presentato come “musica giovanile”. In Italia si diffonde il beat con la nascita di migliaia di gruppi che si dedicano a realizzare cover di canzoni anglofone e in alcuni casi componendo materiale inedito. Il Beat si trasforma velocemente da fenomeno musicale a modo nuovo di autorappresentarsi da parte dei giovani. In tutta Italia nascono locali sul modello del Piper di Roma o la Bussola di Marina di Pietrasanta, dove si ballano twist, hully gully, surf e soprattutto lo shake con movenze che preoccupano autorità e mondo ecclesiastico poiché cariche di erotismo e non più meramente di coppia.

(Twist and Shout)

In quei formidabili anni si diffondono mode e modelli di vita alternativi grazie alla comparsa del movimento hippie e dei capelloni. Stili del vivere quotidiano che hanno come stigmate principali il vestire in modo trasandato, il portare i capelli lunghi, l’esprimere una spiritualità mistica, l’usare droghe come forma di apertura delle coscienze, il rigetto di ogni ideologia, la pratica della non violenza e il rifiuto del consumismo. Con l’avvento del sessantotto e le contestazioni giovanili di massa, viene adottato il linguaggio musicale come fattore saliente della protesta, come contributo essenziale della lotta che viene condotta. Sono questi i momenti in cui si scopre il rilievo collettivo dell’ascolto della musica, la compartecipazione come esperienza politica e il piacere di nuove sensazioni anche sonore, vissute come pretesto per nuove forme di aggregazione. Le canzoni si diffondono grazie alla gioventù che inizia a cantarle assieme, usando la chitarra come strumento principale di coinvolgimento. Tutte le pulsioni di cambiamento sociale e politico maturate nel biennio 1968-69 trovano terreno fertile negli anni Settanta anche attraverso l’organizzazione dei grandi raduni musicali tipo le feste del proletariato giovanile con promotrice la rivista “Re nudo”. Sono happening ove si consumano droghe leggere, si fa meditazione zen, si pratica il nudismo ma soprattutto si ascolta musica. Si consolida il desiderio di stare assieme, della serie “il tutto è più della somma delle sue parti”, alla libera ricerca musicale e al piacere dell’ascolto senza steccati.

A livello più intimo, con il vinile 33 giri che supera di gran lunga- in fatto di vendite- il 45 giri, c’è la propensione ad aggregarsi in piccoli gruppi di amici per un ascolto attento dell’ultima uscita discografica. Le lunghe suite del Rock Progressive aiutano a concentrarsi per più minuti su una singola composizione musicale.

Un ruolo centrale per assembramenti di giovani in cerca di svago e di contatto viene occupato dalle discoteche. Sono gli anni in cui si assiste al passaggio dalla balera alla discoteca di concezione moderna, in cui la musica non è più eseguita dal vivo da band o orchestre, bensì riprodotta da disc jockey, è un periodo in cui impazza la febbre del sabato sera con icone fascinose come Donna Summer o produzioni innovative come quelle del trentino Giorgio Moroder. La dance music consolida il piacere del divertimento fine a sé stesso. Le serate trascorse in discoteca, con un genere musicale privo di impegno sociale e in contrapposizione netta con lo spirito comunitario degli anni Sessanta, diventano il passatempo preferito per molti giovani.

Una funzione fondamentale a livello divulgativo, giacchè sono indirizzate precipuamente al mondo giovanile, viene occupata dalle trasmissioni radiofoniche/televisive tipo Supersonic, dalle emittenti estere come Radio Luxembourg, dalla nascita e diffusione (dalle 600 nel 1976 ad oltre 2000 nel 1978) delle prime radio libere che trasmettano in modulazione di frequenza, dalle riviste musicali, in primis la mitica Ciao 2001.  

Accanto a questo entusiasmo, intriso da musica di qualità, non tutto è rose e fiori.

I Seventies sono un periodo di crescente rabbia a livello di tessuto sociale. Si assiste anche ad annullamenti di interi festival per motivi di ordine pubblico con scontri violenti come a Parco Lambro 1976.

(Parco Lambro 1976)

 

Dopo il lancio di molotov sul palco del Vigorelli di Milano durante il concerto di Santana del 13 settembre 1977, molte band rock straniere eviteranno tournée in Italia per qualche anno. Ad essere presi di mira sono soprattutto quei concerti, anche di cantautori italiani quali De Gregori o De Andrè, che possono dare visibilità al movimento politico/musicale degli Autoriduttori, i quali si convincono che la musica, essendo prodotto culturale, deve essere gratuita (“la musica si ascolta, non si paga”) e accessibile alle masse. Queste frange estreme, con la loro azione di assalto distruttivo, paradossalmente, circoscrivono la capacità della musica di innescare reali sviluppi di cambiamento, di essere veicolo di aggregazione pubblica e strumento di specificazione di una collettività sociale, anche il primo festival punk italiano che si svolge a Milano nel 1978 si conclude con scontri tra band e pubblico.

Il decennio successivo è caratterizzato, a livello fruitivo, dall’invenzione del Compact Disc Digital Audio (CD) avvenuta ufficialmente nel 1982, “il supporto in grado di digitalizzare l’onda sonora prelevandone, a intervalli regolari, il valore, e convertendolo in una sequenza numerica facilmente archiviabile che contiene tutte le informazioni necessarie per la riproduzione del segnale stesso” (Enciclopedia Treccani). Il CD sembra riunire le cose migliori di tutti i formati che lo hanno preceduto: audio di alta qualità, compatto, portatile, riscrivibile e poco costoso. Con il cd si modifica non poco l’ascolto della musica anche a livello individuale.

Riporto una riflessione d’un musicofilo captata su un blog: “prima ti sedevi comodamente sulla poltrona o sul divano mettevi un LP sul piatto, ascoltavi 20 minuti di musica poi ti alzavi e giravi il disco sul lato B e altro ascolto per 20 minuti, con il cd te ne puoi stare per 80 minuti consecutivi tranquillo”.

Altra differenza con i decenni precedenti è che la musica si può “vedere” anche da casa attraverso la propagazione dei videoclip che accompagnano, con immagini, l’incedere dei brani musicali. Tutto ciò per favorire l’ulteriore spettacolarizzazione del mondo delle sette note e la creazione di star planetarie come ad esempio Michael Jackson e Madonna. In Italia la prima trasmissione televisiva riservata interamente ai videoclip musicali è “Mister Fantasy”, un programma culto andato in onda su Rai 1 in quattro edizioni, dal 12 maggio 1981 al 17 luglio 1984, ideato da Paolo Giaccio e condotto da Carlo Massarini con la partecipazione di Mario Luzzatto Fegiz.

Nel 1980 entrano in produzione i walkman per l’ascolto individuale in cuffia delle musicassette e successivamente anche dei compact-disc.

 

 

 L'idea di potersi portare tutta la propria musica preferita in giro con sé appare davvero innovativa. Altra difformità con i Seventies è che l’arrivo in Italia di artisti di grandezza internazionale per concerti molto seguiti non smuove in profondità le coscienze. Questi appuntamenti non vengono più utilizzati per propaganda o iniziative politiche.

Gli Ottanta sono gli anni del riflusso con l’affermazione di una cultura narcisistica orientata alla soddisfazione dei propri bisogni individuali e privati. I Nomadi nel loro brano 60,70,80 del 1988 cantano: “la gioia dei sessanta, la rabbia dei settanta, la noia degli ottanta” (https://youtu.be/m9tTXFLsC24), come potergli dare completamente torto?

Con concerti tipo il Live Aid , tenutosi il 13 luglio 1985 in contemporanea al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia (PennsylvaniaStati Uniti d'America) e al Wembley Stadium di Londra (Inghilterra),  inizia la dimensione oblativa degli eventi organizzati per beneficenza, nel contempo tutto questo evidenzia la dimensione globale, planetaria che ha raggiunto la musica.

Gli Eighties non sono, comunque, un decennio in cui si azzera la caratterizzazione politica dei giovani, diminuisce però il peso specifico dell’impegno militante tipico dei Settanta per aprire varchi verso una partecipazione più estemporanea e occasionale, orientata verso obiettivi specifici come l’ecologia o il contrasto alla mafia. Nessuno di questi movimenti pone sullo stesso livello di intensità il rapporto tra impegno politico e musica come nei due decenni precedenti. Sorge la forma mentis superficiale dello yuppie ottantiano per cui ogni novità sembra bella, buona e valida.

Gli anni Novanta vedono l’affermarsi dei compact disc con il divario di vendita rispetto ai vinili che aumenta di anno in anno, fanno la comparsa anche la pubblicazione di album nel formato -non convenzionale per la musica- dei floppy disc. L’uscita su floppy rimane di nicchia e non invade il mercato seppur, con il senno di poi, rappresenti una anticipazione del futuro digitale della musica. Molti indicano in Generative Music 1 di Brian Eno del 1996 il dischetto più famoso mai rilasciato.

Sono anni in cui si diffonde in tutto il mondo il karaoke, un fenomeno musicale il cui nome risulta dall'unione tra la parola giapponese  kara (vuota) e il termine ōkesutora , ossia la pronuncia alla giapponese della parola di etimologia greca "orchestra".

In Italia, il  karaoke divenne popolarissimo in seguito al successo di una omonima e fortunata trasmissione condotta da Fiorello, la prima puntata andò in onda su Italia 1 il 28 Settembre 1992. Sono anni in cui i santuari dell’aggregazione per ascoltare una tipologia di musica che ha preso il nome di House e Techno, o qualcosa di simile, divengono le discoteche, veri templi della notte.

Una precisazione: per distinguere gli stili musicali discotecari si usano come unità di misura i BPM (Battiti per minuto), pensate al nostro cuore di adulti che a riposo mediamente batte tra le 60 e le 90 volte (70-120 per gli adolescenti e 80-180 per i neonati) ebbene la musica House varia tra 120-130, la Techno Hardcore tra 165 e 250 e la Speed Core tra 200 e 1000. Anche per stare al tempo con queste battute, in Italia iniziano a circolare le droghe sintetiche a base anfetaminica, ecstasy in primis.

Le lunghe serate in discoteca divengono messe laiche ove al D.J., che fa suonare musica, si unisce il “sacerdote” vocalist che stimola verbalmente i ragazzi con frasi tipo “Sale sale e non fa male”, una chiara allusione alle sostanze sintetiche.

Sempre nei Novanta in Italia sono importanti le iniziative legate a grandi eventi aggreganti tipo i Concerti del primo maggio a Roma in Piazza San Giovanni Laterano. Il concertone, come viene definito dagli addetti ai lavori, organizzato dal 1990 dai maggiori sindacati (CGIL, CISL e UIL) in occasione della Festa del Lavoro, raduna – da sempre- decine di migliaia di spettatori provenienti da tutta Italia.

(Concertone 1 Maggio)

 

Ma un nuovo formato di codifica digitale vede nel 1992 l’alba della sua radiosa giornata che dura ancora oggi, è L’MP3.

Da Wikipedia: “L’MP3 (formalmente Moving Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3), anche noto come (MPEG-1 Audio Layer III e MPEG-2 Audio Layer III) è un algoritmo di compressione audio di tipo lossy, sviluppato dal gruppo MPEG, in grado di ridurre drasticamente la quantità di dati richiesti per memorizzare un suono, mantenendo comunque una riproduzione accettabilmente fedele del file originale non compresso. La sua ideazione è dovuta a un team di lavoro istituito presso il CSELT e coordinato da Leonardo Chiariglione”.

La diffusione di programmi di sharing musicale con capostipite Napster nel 1999, l’immissione sul mercato di lettori MP3 che prenderanno il sopravvento sui vecchi e obsoleti walkman, daranno un impulso notevole alla diffusione del formato, indirizzando la fruizione musicale verso un approccio prevalentemente individuale.

Napster, nonostante la breve durata di tre anni nella sua forma iniziale gratuita, permettendo la condivisione gratuita di file peer-to-peer nel formato MP3, porta ad una diffusa violazione del diritto d’autore, suscitando la comprensibile indignazione di tutta l’industria musicale. Dalle ceneri di Napster sono sorti altri famosi programmi di scambio di file quali Morpheus, Kazaa, Emule, WinMX, Gnutella, Soulseek, Bittorrent e molti ancora.  Napster non ha cambiato soltanto le abitudini degli utenti ma ha fatto sì che i riluttanti produttori di musica -artisti ed etichette- si adeguassero pian piano alla novità, offrendo alternative legali per l'ascolto di musica online come il negozio iTunes, tra le prime e più famose piattaforme con la possibilità, in pochi clic, di cercare, acquistare e ascoltare istantaneamente musica.

Negli ultimi vent’anni uno dei momenti topici e particolari di aggregazione giovanile è rappresentato dai Rave Party Music, alcove di consumo di stupefacenti, ketamina in particolare. La ketamina, chiamata anche Special K, è un anestetico /dissociativo per uso veterinario e umano. È commercializzata con i nomi di Ketalar, Ketanest e Ketaset. A dosi sub-anestetiche causa forti dissociazioni psichiche, nonché lieve analgesia –non si prova dolore-, ha trovato perciò largo uso come sostanza stupefacente. Questo approccio, proteso verso stati alterati di coscienza, induce migliaia di persone affollate nei pressi delle casse audio a non prestare la benché minima attenzione al dj o agli stessi compagni di ballo o a qualsiasi altra cosa o persona ci sia nelle vicinanze. Fruizione apparentemente di massa ma totalmente individuale. Un rave illegale mette in scena vari elementi monolitici: affronto alla proprietà privata attraverso l'occupazione di spazi abbandonati delle grandi città e la loro autogestione temporanea (zone temporaneamente autonome) o in mezzo alla natura. Attacco alle forme di produzione commerciale delle discoteche, al valore del denaro, ai rapporti sociopolitici di dominio nel governo della metropoli. Negazione della "star" come i DJ. Autoproduzione come concetto di massa: dalla produzione stessa della musica alla creazione di una vera e propria microeconomia alternativa, compreso il baratto. Ricerca di una consapevolezza comune, grazie alla condivisione di conoscenze su un uso creativo e sovversivo della tecnologia. Uguaglianza nelle diversità, al di fuori della politica tradizionale.

 

(Rave)

 

Con il nuovo millennio e le sue dinamiche "innovative-tecnologiche" siamo entrati nell’era digitale, dei downloads, della musica liquida senza un supporto fisico tangibile, anche se negli ultimi tempi c’è un significativo e gradito ritorno al vintage. Gli mp3 rappresentano le nostre compilation da ascoltare ovunque, ma affermando questo siamo già nel passato. Negli ultimi anni sono sorti servizi musicali che offrono lo streaming on demand di una selezione di brani tipo Spotify, Deezer, Tidal, Apple Music, Amazon Music Unlimited e YouTube Music . La grande novità consta nel fatto che non si possiede la musica né in forma “solida” (CD, vinile, cassetta), né in forma digitale (sotto le sembianze di un file): quel che si possiede è semplicemente il diritto di accesso e fruizione al contenuto, una specie di noleggio dei brani. Le canzoni possono essere sì organizzate in playlist, ma l’accesso alle stesse sarà sempre e comunque vincolato a una durata, la cui scadenza è fissata con il termine del contratto di abbonamento siglato. I servizi di streaming musicale, sempre più apprezzati, offrono una serie di vantaggi per coloro che amano ascoltare musica ovunque e in qualsiasi momento. Queste piattaforme, infatti, oltre ad offrire l’accesso a cataloghi costantemente aggiornati con milioni di brani, permettono di creare e condividere playlist, pubblicare podcast, ascoltare stazioni radio e molto altro ancora: non solo quando si è connessi a Internet ma, per gli utenti abbonati a un piano a pagamento, anche offline. 

Secondo una recente ricerca, le iscrizioni alle piattaforme di streaming on demand hanno registrato un netto incremento nel 2019, segnando una crescita del 32% rispetto all’anno precedente. Infatti, sarebbero oltre 358 milioni gli utenti attivi alla fine del 2019. La previsione è che possano diventare ben più di 450 milioni alla fine del 2020. 

È dunque lampante come la tecnologia abbia veicolato le nostre abitudini di fruizione musicale, a tal proposito ho scovato in rete questa interessante testimonianza -di qualche anno fa ma ancora validissima- di un insegnante, presumo mio coetaneo (io sono del 1961), che fa un po' da raccordo su tutto quello che abbiamo scritto finora. “Cara musica com’è cambiato oggi il modo di ascoltarti. Ricordo gli anni del Liceo. Nel pomeriggio, appuntamento nella casa di questo o quel compagno dopo avere studiato (talvolta anche in sostituzione dello studio!) per ascoltare il successo del momento. Il vinile spesso gracchiava sotto la puntina sporca o consunta. E si parlava, si cantava insieme, si leggevano i testi dei brani italiani o inglesi che erano stampati sulle custodie del long playing. Istanti importanti di grande condivisione, tutti riuniti attorno all’immagine rivisitata di un focolare. Il disco 33 giri sul piatto riscaldava l’atmosfera. Chi non ricorda il famoso mangiacassette portatile, la matita usata per riavvolgere il nastro che puntualmente si aggrovigliava dopo l’ennesimo ascolto, o, prima ancora, l’ormai mitico mangiadischi che graffiava regolarmente tutti i 45 giri? Una scatola di plastica colorata con una fessura – qualcuno di noi l’aveva battezzata “grosso salvadanaio” – e una manopola: s’infilava il vinile e via! La festa poteva iniziare ovunque si fosse. Così tu, Musica, eri sempre con noi, con il gruppo: nel salotto di una casa, in un giardino, durante una passeggiata in montagna, in collina o in campagna, sotto l’ombrellone al mare. Cara Musica, eri forza aggregante, e tale per me sei rimasta.  Oggi sono arrivate cuffie e cuffiette e, cara Musica, sei diventata in sostanza un fatto privato. Si ascolta l’iPod (n.d.r.: ora tramontato anch’ esso. È sufficiente uno smartphone…) mentre si cammina o si fa footing; anche a bordo piscina o in spiaggia, tra amici, ognuno ha i propri auricolari, inserirli nelle orecchie è uno dei primi gesti degli studenti a scuola allo squillo della campanella dell’ultima ora di lezione. E che dire delle gite scolastiche? Ricordo le prime in cui ero professore accompagnatore. In pullman si domandava al conducente d’inserire le cassette nell’apposito lettore; qualche anno più tardi sarebbe toccato ai CD.

I ragazzi e le ragazze aspettavano in piedi, tra le due file dei sedili, per chiedere di ascoltare la band di successo, il cantante di moda con l’approvazione o le proteste del resto della comitiva poiché le note si diffondevano nell’intero abitacolo.
Cara Musica, anche in quei momenti, bellissimi, eri condivisione. Tutti, o quasi, canticchiavano, a volte cantavano a squarciagola, spesso si muovevano al ritmo del suono. Atmosfera, allegria, aggregazione …

Ora, anche su un pullman, ognuno è sprofondato nel proprio sedile con cuffietta e iPod. Silenzio apparente, canzoni nel cervello: cara Musica, sei diventata un fatto individuale. Sempre più frequentemente sei isolata, introiettata. Segno dei tempi? E sei spogliata di quel senso di esteriorizzazione che, per noi “ragazzi degli anni ’50 e ‘60”, è una tua prerogativa. Ecco perché ancora oggi per esempio in casa, anche quando sono solo, che sia un momento di relax o di lavoro, inserisco un CD nello stereo o accendo la radio; mi piace che le stanze si riempiano di note, che il suono si diffonda e che tu musica mi ritrovi qua “.

Nei decenni sarà mutato il modo di fruire della musica, ad esempio non c’è più un momento specifico per fermarsi ad ascoltarla seppur gli appassionati frequentino ancora i concerti, ma non è cambiato il concetto che essa ci fa provare emozioni, ci coinvolge, ci aiuta quando ci sentiamo tristi e ci fa riflettere sulla vita.

Da un post tratto da un forum di adolescenti. “Spesso noi giovani usiamo la musica come un metodo per evadere dal nostro standard di vita; cerchiamo nella musica un mondo irreale per sottrarci alle sofferenze, alle difficoltà e ai problemi. Ci rifugiamo nella musica perché ci offre un riparo inviolabile dove la società ostile non può penetrare. La musica diventa una casa, la nostra casa in cui possiamo liberamente entrare e uscire. Ecco perché si dice che noi giovani non viviamo la musica ma la abitiamo. Negli ultimi anni il motivo per cui il rapporto tra i giovani e la musica è diventato sempre più stretto, è che le canzoni del nostro tempo riflettono in modo sempre più realistico la vita di tutti i giorni con i suoi problemi delusioni e speranze. Noi giovani ascoltando le canzoni troviamo dei punti in comune tra l’argomento del testo e la nostra vita e ci sentiamo compresi, consolati del fatto che non siamo stati i soli a vivere un’esperienza spiacevole”.

Dall’interno copertina del vinile di “Essenza” (novembre 1973), il quarto disco del compianto musicista milanese Claudio Rocchi, reduce da uno dei suoi viaggi in India.

“La musica ti è mai entrato dentro? Tu lo sai per te quanto è od è stata parte della tua esperienza. Ma la tua Musica è il tuo agire; la tua orchestra il Cosmo. La vita scorre in altalena fra bassi ed acuti, vibrazioni e suoni che disegnano l’Essere. Difficile la corrispondenza con la musica?”.

(Essenza di Claudio Rocchi)

 

La musica, cassa di risonanza emotiva eccezionale, rientra in un primordiale processo comunicativo. Il desiderio di creare musica nasce da esigenze naturali, intrinseche alla peculiarità umana, quali la necessità di esternare i propri stati d’animo e condividerli nello spazio sensoriale, per poi ascendere ad un livello superiore, all’arte, attraverso un linguaggio sia scritto (in caso di canzoni con testi) sia meramente strumentale che viene decodificato ed elaborato da chi l’accoglie, secondo il proprio sistema cognitivo, la sensibilità, l’intelletto.

“La musica viene creata dall’uomo per imitare la natura - le voci degli animali, i rumori del vento, dell’acqua - attraverso canti e danze tribali, che poi evolvono in forme di percussione prodotte dalle mani, dai piedi e poi via via da pezzi di legno, pelli tese, tronchi d’albero, sonagli di zucca, fino ad arrivare ai più sofisticati strumenti” (Raffaello “Lello” Savonardo 2010).

Ai posteri ancora ampi spettri di fruizione, a sentire i turiferari del futurismo musicale informatizzato pare che siamo tutti destinati a buttare nella spazzatura decenni e decenni di collezioni, spese, emozioni, storie, ricordi e chi più ne ha più ne metta a meno di non salvarli tutti nel pc in formato mp3”. (Mauro “Aurora Lunare” Pini 2019).

Ma una certezza assoluta si erge suprema, qualunque sarà il modo di ascoltarla: MUSIC CAN NEVER DIE

 

 

mercoledì 10 ottobre 2018

Apocalissi musico-virtuali? (Reprise)


Non so se le vendite dei CD siano in ripresa o meno rispetto ai downloads (dalle ultime nuove sembrerebbe di si, unitamente ai vinile), ma più spesso il gradimento (e quindi le classifiche) verso un cantante od un gruppo si misura tramite i click sui video di youtube o, se va bene, sugli ascolti dei relativi mp3 venduti più o meno sulle grandi piattaforme. Oramai i ritmi assurdi, stereotipati e ripetitivi, del nostro vivere quotidiano non ci permettono più di concederci quei bei momenti (...il positivo otium romano) per preparare il tuo stereo hi-fi (azz...anche questo termine è oramai in disuso - sfido i nostri giovani a capire di che si tratta - sostituito dal più celeberrimo "wi-fi"), mettere il CD (...o il redivivo vinile) nel lettore (...sul piatto - ...per l'insalata, eh eh eh), sedersi comodamente (sulla sedia, in poltrona, su un tappeto persiano), magari nella penombra allontanando ogni rumore del mondo esterno e pensiero dalla nostra mente e.....ascoltare per intero almeno uno o più brani se non tutto il disco completo (almeno la facciata la si ascoltava sempre tutta, vista la scomodità dell’individuazione dell’inizio traccia tra il garbuglio dei solchi). 

Rituali oramai del passato che abbiamo aborrito, come quelli tribali che accompagnavano gli adolescenti nel passaggio all'età adulta sotto la guida vigile dello shamano o del capo-villaggio surrogati oggi da assurde pratiche autolesioniste. 
E' lo stesso azzeccato paragone della lettura su carta contro quella a video o della scrittura con la digitazione di cui è comprovata l'importanza per lo sviluppo cognitivo del bambino, ma anche gli adulti, ad es., memorizzano ed interpretano meglio leggendo un testo scritto che non uno digitale, sviluppando un più articolato senso critico. 
Qualcuno potrebbe obbiettare che sin dalla prima rivoluzione industriale la funzione dei pollici opponibili, che tanta importanza ha avuto per l'evoluzione umana, è venuta meno, ma poi sta a capire il tipo di mondo che vogliamo per noi e per le generazioni successive. Stando così le cose il rischio che tutto venga meno vuoi a causa dei cambiamenti climatici piuttosto che per un conflitto termonucleare è alto, a meno che la tecnologia, causa di tanti dissesti, non trovi la soluzione ai nostri mali (vedi ad es. oggi le energie rinnovabili oppure gli ancora fantascientifici nuovi sistemi di propulsione che permetterebbero all'uomo di proseguire nella ricerca di sconosciuti pianeti compatibili con la vita, magari partendo da una base "lunare").


Luciano

lunedì 8 ottobre 2018

Toh: e se il futuro fosse (anche) il vinile?

Pochi giorni fa ho ascoltato (casualmente) una interessante trasmissione alla radio sul tema (oceanico!) del Blog con addetti ai lavori (tecnologia, produzione musicale), seri e competenti a fare il punto della situazione sugli scenari attuali e futuri; confermavano che il vinile è  in netto e costante rialzo (fa da specchio il mercato USA). pur restando settore di nicchia, ma il mercato(ne) industriale se ne è accorto eccome, tanto che, sottolineavano, anche la Technics ha ripreso a produrre giradischi di qualità (assai cari ma finalmente disponibili). 

Insomma, dato per morto dai soliti turiferari del futurismo digitale è vivo eccome: certo, non per tutti i generi: pare (e non ci sorprende affatto) che il vinile sia legato alla buona musica (toh!), il rock (nella sua più vasta accezione, mentre lo streaming e il digitale (chiarivano in trasmissione) è tipico del pop e simile roba commerciale (ri-toh!). 
Già...già... il buon rock, i cui fruitori (noi!) non si accontentano della musica volatile e de-materializzata, ma vogliono avere oggetti fisici da poter toccare, odorare, conservare, anche come segni di dedizione e attaccamento (riconoscenza? perché no...) verso i propri artisti, oggetti (e non "cose" mercificate) da mostrare agli amici, da conservare (anche) come pezzi della propria storia (per non dire del vasto mondo del collezionismo). Il suono dei vinili, proseguono gli esperti, piaccia o no, è sempre comunque di minore qualità (mi pare non abbiano usato parola ma il senso era questo e si deduceva un certo imbarazzo verso gli amanti del disco) rispetto ai file digitali (CD compresi, dove viene riversata la registrazione) in quanto il complesso processo di riversamento su vinile (trasferimento, caratteristiche della testina ecc. ecc.) comporta  inevitabilmente una qualche perdita. O forse, meglio, chiarivano, "è un suono diverso" e comunque l'uscita phono dell'amplificatore richiede molta più potenza rispetto al digitale. 
E quindi? Sono sempre più convinto che la fruizione legata all'oggetto-supporto fisico, mode a parte, NON si perderà, a meno che Homo Sapiens non si trasformi in Homo Cyborg (mai dire mai...). E poi, altra info molto importante (e per il sottoscritto non affatto scontata) a fini del mercato futuribile: pare pure che anche nel mondo pop il vinile stia riprendendo quota (ma la cosa francamente potrebbe interessarmi meno di zero, ovvero la quota pari al mio interesse per il pop). E i (nostri amati)  CD? 
Quando ho sentito accennare a questo sono balzato sulla sedia, iniziando a .. tremare per il possibile avverarsi del mio incubo. Secondo gli esperti la produzione ad oggi è ancora imponente (... del futur non c'è certezza!) ma probabilmente sarebbe una sorta di via di mezzo con il vinile, ovvero conserverebbe la funzione di nicchia (per "noi" quindi) con relativa produzione specialistica tipo box, cofanetti ecc. ecc. ma non hanno certo parlato di museo, tanto meno di cimiteri,  né di impossibilità di poterli ascoltare. Ad oggi sembrerebbe che l'incubo della damnatio memoriae sia solo il sinistro augurio dei profeti dell'ultra-futurismo musicale (e non solo) a tutti i costi (e che costi!) che evidentemente poco o nulla tengono alla (buona) musica, a chi la fa e a chi la fruisce, dimenticando che (la musica, quella "buona") non è solo consumo di massa ma fenomeno culturale legato a bisogni, passioni, emozioni e processi identitari, individuali e sociali, che non si esauriscono con un clic, un selfie o un like...

Mauro Pini